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Foto dell'incontro con Alberto Angela
mercoledì 23 dicembre 2015
sabato 14 novembre 2015
Libro del mese novembre 2015 "La vita in generale"
Applaudono
tutti. Anche Repetti, senza frenarsi. Il Generale gli piace, come
personaggio. Un perdente che sembra tornare a vincere, per illudere
lo spettatore. E con la sua sconfitta – ingiusta, crudele e
definitiva – renderà ancora più tragico l'epilogo.
Tito
Faraci, autore de La
vita in generale,
racconta una storia con un obiettivo ambizioso: è un romanzo che
pone un interrogativo grosso, che cos'è e dov'è la vita? Quella
vera, non quella in generale. Da questa domanda risulta una
narrazione architettata con maestria, dove emerge tutta l'esperienza
di uno dei più importanti sceneggiatori italiani di fumetti.
Il
romanzo ci immerge da subito in una nebulosa di personaggi,
situazioni e tempi che paiono non combaciare, non incastrarsi, ma è
solo un'operazione necessaria per completare il gioco che ci propone
la vita in generale. Per ultimare un grande puzzle la prima semplice
operazione è rovesciare tutti i pezzi e averli tutti davanti. Solo
poi questi troveranno l'incastro perfetto nella costruzione del
quadro finale con gli ultimi tasselli che vanno a riempire i vuoti
lasciati nel corso degli eventi dando compiutezza, bellezza e
sostanza a tutto quello raccolto fino a quel momento. La ricerca di
sostanza, di corpo è uno dei fili conduttori de La
vita in generale,
i personaggi si muovono in un contesto urbano polveroso, affatto
nitido, ricco di fantasmi presenti e passati. Ogni personaggio ha i
suoi scheletri, spesso guardandosi allo specchio quello che vedono
sono fantasmi, ombre di loro stessi, personaggi che hanno avuto un
corpo e che ora sono rimasti ombre, ombre che si riconoscono tra di
loro ma pur sempre ombre. Faraci
in una commistione di passato e presente, svela quello che è la
vita in generale, una continua perdita di ciò che si ha e che si è
e che subito si trasforma in una
volta sono stato, una volta avevo. In
maniera comica e tragica la vita in generale ci mostra quanto labile
è questo confine, quello tra l'adesso e l'imminente futuro che può
essere così differente e inaspettato. La
vita in generale può essere in definitiva un viaggio, un viaggio
nella semplicità quotidiana così complessa, un viaggio che i
personaggi decidono di affrontare davvero, andando in profondità nel
tentativo di spazzare via la polvere, ritrovare splendore o almeno
capire dove sia finito e perché. Un viaggio corale di vite diverse,
ma così simili nella disperata e avvincente ricerca di un luogo che
altalena tra paradiso e inferno. Un viaggio che poi stancamente si
adagia in un purgatorio che accontenta un po' tutti e allora, ma solo
dopo aver compiuto il viaggio, alla domanda "Come va la vita in
generale?" si può anche rispondere "Bene".
Tito Faraci: La vita in generale ed. Feltrinelli € 15.00
mercoledì 28 ottobre 2015
Libro del mese ottobre 2015 "L'ultimo arrivato"
L’ultimo
arrivato,
vincitore del Premio Campiello, è un romanzo molto ben scritto che riesce a
raccontare una storia difficile con una stupefacente leggerezza.
L’autore è Marco
Balzano,
professore in un liceo milanese, che ha già mostrato la sua indubbia
capacità di narratore aggiudicandosi, nel 2013, il prestigioso
Premio Flaiano con Pronti
a tutte le partenze (Sellerio).
Ne L’ultimo
arrivato racconta
la storia di Ninetto Giacalone, un ragazzino siciliano di un paesino
chiamato San Cono che, a soli dieci anni, lascia la Sicilia insieme a
un compaesano alla volta di Milano, per cercare un futuro. La vita di
Ninetto è durissima: fa il galoppino per una lavanderia del centro,
poi il muratore in periferia e aspetta i quindici anni per farsi
assumere come operaio in fabbrica.
Il
talento di Balzano è quello di saper descrivere queste situazioni
con una scrittura lieve, ironica ma così vera da far subito pensare
a un memoir. Solo leggendo a fine libro le note dell’autore ci si
convince della finzione letteraria. La materia per la trama del
romanzo è stata mutuata dalle molte interviste che Balzano ha fatto
ai meridionali sessantenni e settantenni, trapiantati a Milano nella
metà del secolo scorso.
L’ultimo
arrivato diventa
così anche un importante documento sociologico perché fa riflettere
sul problema dell’immigrazione e su come sia cambiata la nostra
realtà negli ultimi sessant’anni. Partendo dall’educazione dei
bambini.
"Come per il cielo è normale piovere, per una vacca muggire, per un albero far cadere le foglie, per un genitore di San Cono era naturale sganciare mazzate… “Ti sei sporcato i pantaloni?” calci a ripetizione. “Ti sei fatto male?” zoccoli volanti. Gli zoccoli in realtà erano una specialità femminile, proprietà delle madri e di qualche sorella maggiore. Mamma mia ad esempio era una professionista dello zoccolo. Aveva la mira di un soldato."
Il
piccolo emigrante pieno di rabbia e di sogni cresce, si innamora, si
sposa. Però affronta la vita sempre dalla parte degli ultimi, sempre
con un senso di disagio e inadeguatezza, che lo porta a commettere
errori e ripensare ai difficili anni della gioventù con rimpianto.
"La
vera vita per me è stata quella miseria di picciriddu, l’emigrazione
a Milano e la sopravvivenza in quegli anni difficili. Quando è
arrivata la fabbrica, invece, mi sarò pure sistemato, ma sono
entrato in un tunnel buio."
Il
ritmo di scrittura di Balzano si adatta perfettamente alle varie fasi
della vita del suo protagonista: lo stile è giocoso e colloquiale
nel periodo giovanile e diventa più introspettivo e serio negli anni
della maturità. Sempre e comunque realistico e coinvolgente.
L’ultimo
arrivato è
un romanzo di grande umanità che intrattiene e riesce ad arricchire
il lettore.
Marco
Balzano: L’ultimo arrivato ed. Sellerio € 15.00
domenica 4 ottobre 2015
Libro del mese Agosto Settembre 2015 " Tutto è notte nera"
Tutto è notte nera Edizioni Biblioteca dell'Immagine di Umberto Matino, terzo capitolo dell'ideale saga che lo scrittore di origini scledensi dedica alla pedemontana vicentina e ai suoi misteri, dopo il grande successo dei due precedenti La Valle dell`Orco e L`Ultima Anguàna. La storia si svolge nell'autunno 1975, sulle colline attorno a Schio. In una notte di pioggia, in mezzo a cupe colline, un automobilista s'imbatte per caso in un efferato delitto. La vittima è una ragazza sconosciuta che in punto di morte gli consegna una busta piena di antichi documenti. I carabinieri giungono lassù dopo pochi minuti, avvertiti da una telefonata anonima, ma trovano soltanto il suo corpo senza vita: l'involontario testimone si è volatilizzato. Inizia così l'intricata indagine del maresciallo Piconese, che s'indirizza verso una strana comunità insediata sulla cima di un colle. Dopo la fuga, l'ignoto testimone viene identificato dal giovane e impacciato cronista del quotidiano vicentino che s'è ficcato in testa di pubblicare lo scoop della propria vita. I due cominciano una loro indagine partendo dall'enigma rinvenuto fra i documenti della vittima. In aiuto accorrono anche una postina avventizia e il suo strambo fratello e il racconto giallo si tinge ben presto dei colori dell'avventura, in giro per boschi, valli e contrade del Tretto di Schio.
Con un'ambientazione cupa e misteriosa, tra sentieri scoscesi e isolati casolari, scopriamo a poco a poco il mistero dell'antico documento che cela un terribile segreto e che per questo è prezioso e ricercato. Ma chi è la ragazza morta per il solo fatto di esserne in possesso? E che legame aveva con un altro suo coetaneo che di lì a poco viene ritrovato morto in circostanze poco chiare? Chi è il misterioso assassino che si nasconde negli anfratti pedemontani della val Leogra? Che cosa si cela dietro la comunità religiosa situata in quella zona, guidata da uno strano e ambiguo personaggio di origine cimbra? Forse una setta che custodisce inquietanti segreti? Quella narrata da Matino nelle oltre 300 pagine del romanzo - arricchito alla fine da un "glossario per foresti" e da alcune note storiche ben documentate - è una storia tinta di giallo e d`avventura che racconta del pedemonte veneto, dei suoi montanari cimbri e dei parroci "todeschi", mandati al rogo dall`In-quisizione. Mentre si dipana un`incalzante indagine poliziesca, il presente si mescola con il passato e riaffiorano uno dopo l`altro i nomi dei tanti condannati all`oblio dalla Serenissima Repubblica. Con una trama densa e intricata, degna dei migliori romanzi di genere e che affonda le sue radici nella storia vera dei secoli scorsi, la vicenda è un intrigante mix di passato remoto e recente ed è anche un modo arguto di rileggere dettagli della storia che molti non conoscono. Nelle note a fine libro si legge che il romanzo, insieme ai due che l’hanno preceduto, compone quella che potrebbe definirsi una trilogia cimbra. Il tratto che unisce i tre libri è l’identico contesto storico e ambientale entro il quale si dipanano le singole vicende. Questo ambito è definito geograficamente dalle valli, dalle colline e dalle montagne dell’alto vicentino e dei Lessini veronesi e possiede una sua suggestiva peculiarità storica e antropologica: la gran parte della gente che abita quei luoghi è di origine tedesca, anzi, per dirla come s’usava un tempo, di origine allemanna o teutonica. Per secoli la popolazione di quelle montagne ha costituito un’isola etnica germanica isolata all’interno di un ambiente antropico maggioritario d’origine latina e specificatamente veneta.
Umberto Matino: Tutto è notte nera ed. Biblioteca dell'Immagine € 14.00
Con un'ambientazione cupa e misteriosa, tra sentieri scoscesi e isolati casolari, scopriamo a poco a poco il mistero dell'antico documento che cela un terribile segreto e che per questo è prezioso e ricercato. Ma chi è la ragazza morta per il solo fatto di esserne in possesso? E che legame aveva con un altro suo coetaneo che di lì a poco viene ritrovato morto in circostanze poco chiare? Chi è il misterioso assassino che si nasconde negli anfratti pedemontani della val Leogra? Che cosa si cela dietro la comunità religiosa situata in quella zona, guidata da uno strano e ambiguo personaggio di origine cimbra? Forse una setta che custodisce inquietanti segreti? Quella narrata da Matino nelle oltre 300 pagine del romanzo - arricchito alla fine da un "glossario per foresti" e da alcune note storiche ben documentate - è una storia tinta di giallo e d`avventura che racconta del pedemonte veneto, dei suoi montanari cimbri e dei parroci "todeschi", mandati al rogo dall`In-quisizione. Mentre si dipana un`incalzante indagine poliziesca, il presente si mescola con il passato e riaffiorano uno dopo l`altro i nomi dei tanti condannati all`oblio dalla Serenissima Repubblica. Con una trama densa e intricata, degna dei migliori romanzi di genere e che affonda le sue radici nella storia vera dei secoli scorsi, la vicenda è un intrigante mix di passato remoto e recente ed è anche un modo arguto di rileggere dettagli della storia che molti non conoscono. Nelle note a fine libro si legge che il romanzo, insieme ai due che l’hanno preceduto, compone quella che potrebbe definirsi una trilogia cimbra. Il tratto che unisce i tre libri è l’identico contesto storico e ambientale entro il quale si dipanano le singole vicende. Questo ambito è definito geograficamente dalle valli, dalle colline e dalle montagne dell’alto vicentino e dei Lessini veronesi e possiede una sua suggestiva peculiarità storica e antropologica: la gran parte della gente che abita quei luoghi è di origine tedesca, anzi, per dirla come s’usava un tempo, di origine allemanna o teutonica. Per secoli la popolazione di quelle montagne ha costituito un’isola etnica germanica isolata all’interno di un ambiente antropico maggioritario d’origine latina e specificatamente veneta.
Umberto Matino: Tutto è notte nera ed. Biblioteca dell'Immagine € 14.00
martedì 11 agosto 2015
Libro del mese giugno-luglio "Dimmi che credi al destino"
Dopo
il successo di Io che amo solo te, diventato
anche un film diretto da Marco Ponti con Laura Chiatti e Riccardo
Scamarcio, che sarà nelle sale in autunno, Luca Bianchini è da
poco tornato in libreria con un nuovo romanzo ambientato a
Londra: Dimmi che credi al destino
Come
molti lettori che hanno apprezzato le vicende di Ninella, Orlando,
Nancy e degli altri protagonisti del libro precedente, prima di
cominciare a leggere Dimmi
che credi al destino mi
sono domandato se l’autore sarebbe riuscito a scrivere un’altra
storia divertente, credibile e ricca di personaggi da film. La
risposta dopo poche pagine era un “No” abbastanza netto. Il che
non significa che avessi ragione.
Il
nuovo lavoro di Bianchini mi sembrava popolato di personaggi
indefinibili e non capivo bene quale fosse la vicenda che l’autore
volesse raccontare. “Dove andrà a parare?” mi chiedevo, un po’
disorientato. Non sapevo che in breve sarei stato catapultato in
un’avventura che che mi avrebbe appassionato e fatto amare i
personaggi come era accaduto in Io
che amo solo te. Ma vediamo i
protagonisti: una libraia italiana (Ornella) che dirige una libreria
londinese a rischio chiusura (l’Italian bookshop) per colpa della
crisi e di un proprietario deciso a vendere, una collega (Clara)
scorbutica e con un gatto immaginario, un’amica per la pelle di
Ornella (la Patti) eccentrica e modaiola, che vive in attesa che la
vecchia zia del marito tiri le cuoia per incassare l’eredità e,
infine, un giovane napoletano dall’identità sessuale un po’
confusa (Diego), fuggito a Londra per dimenticare le pene d’amore.
Che
cosa poteva venire fuori da un gruppo così strampalato? Una
bellissima storia che ha il pregio di essere in gran parte vera. Ma
questo io l’ho scoperto soltanto nei ringraziamenti.
Dimmi
che credi al destino diventa
irresistibile quando si comincia a conoscere il passato di
Ornella (che
nella realtà si chiama Ornella Tarantola e gestisce davvero
l’Italian bookshop di Londra) e quello di Patti, due donne over 50
che si sono conosciute in una comunità di recupero in Toscana, dove
hanno vissuto per dieci anni per disintossicarsi dalla droga. La
missione di Ornella, veronese, sposata e separata, il cui passato
tornerà a farle visita obbligandola a scelte difficili, è quella di
salvare la libreria, l’unico luogo in cui si è sentita realizzata
e serena.
«Mi ha sempre detto
che la libreria l’ha salvata. Ora è lei che deve salvare la
libreria.» è la frase chiave del romanzo,
pronunciata da Mr George, un anziano con cui Ornella conversa spesso
su una panchina del parco. Un frase che induce la libraia italiana a
cercare ogni mezzo possibile per proteggere il luogo che le è tanto
caro e che anche nella vita reale è a rischio chiusura.
Bianchini
conquista il lettore attraverso un vortice di dialoghi, eventi e
personaggi (compresi i secondari) narrati con grande intensità e
ironia, che fanno di Dimmi
che credi al destino un
romanzo godibile e intelligente. Lo scrittore torinese è
bravissimo a risaltare l’italianità dei personaggi che si
confrontano continuamente con la sfida di vivere in una realtà
lontana dai colori vivaci del nostro Paese. Il fascino di Londra, con
i suoi quartieri alla moda e il multiculturalismo diffuso emergono
nel racconto insieme a tante “pillole” di verità e molti
stereotipi che tutti conosciamo ma su cui ci soffermiamo solo quando
qualcuno, come Bianchini, li mette nero su bianco:
«Voi
italiani sapete sempre togliervi dai guai.»
«Quelli
sono i napoletani.»
«Per
noi siete tutti napoletani.»
oppure
«I
libri sono come gli amici, ogni tanto bisogna vederne altri.»
e
ancora
«La
vita è un puzzle, Ornella. Non sarai mai serena se ti mancano dei
pezzi.»
Nelle
pagine di Dimmi
che credi al destino l’aplomb
british si intreccia in modo naturale alle voci esuberanti dei
protagonisti italiani, dando vita a una narrazione ricca di umanità
che fa chiudere il libro sorridendo. E con la voglia di conoscere
Ornella e il resto della “banda”.
Luca
Bianchini: Dimmi che credi al destino ed. Mondadori € 17.00
mercoledì 3 giugno 2015
Libro del mese Maggio 2015 "Una vita intera"
Eggers
accolse tutti questi cambiamenti con silenzioso stupore”: questo è, in poche
essenziali lo stato d’animo con cui Andreas Egger sta nel mondo. Ed è anche
quello che il lettore si trova a dover egli stesso adottare, non so se più
costretto o sedotto dallo stile dell’autore. E con altrettante poche essenziali
parole, si esaurisce la trama: “Una vita intera” è la storia della vita intera
di Andreas Egger, che nasce nelle montagne austriache forse il 15 agosto del 1898 (il borgomastro
scrisse a memoria a posteriori), in ogni caso nei primi anni del Novecento;
Andreas è più o meno un orfano, tirato
su da un uomo piuttosto violento e despota che gioca ad essere Dio tra le sue
mucche e i quattro ortaggi, poi cresce,
va un po’ a scuola, lavora come un dannato
perché la fatica di nuovo non era una novità, incontra anche una donna che
sposa, Marie, quindi tenta di metter su la sua famiglia come tutti e come a
tutti molte cose non vanno come aveva pensato, finisce in guerra, poi nei campi
di lavoro in Russia e quindi ritorna e si costruisce un’esistenza come può, in
un mondo molto diverso da quello che aveva lasciato, con la tv e i turisti e il
rumore, fa la guida alpina, nel frattempo invecchia e muore. Una vita come
tante; anzi, in realtà, come tutte. Però attenzione, ché se Seethaler mette un
aggettivo, allora non dobbiamo tralasciarlo: non è “Tutta una vita”, il titolo
del romanzo, o “La vita di Egger” e nemmeno “Egger”; bensì “Una vita INTERA”: e
intero è ciò che è compiuto, che non ha pezzi mancanti, che non è rotto, al
contrario è INTEGRO. Non è un dettaglio, questo, : è la risposta
all’atteggia-mento di Egger, alla sua capacità di accogliere la vita con quello
che porta, perché di vita, Egger come anche noi, solo questa ha, che sta
vivendo ora; e il mite Andreas come anche noi si becca le sue sfortune e le sue
tragedie, le sofferenze e i suoi dolori, che direi matematicamente sono sempre
più delle gioie e delle felicità e delle fortune , e nonostante tutto va
avanti, cerca di farsi andare bene quello che succede. Ogni segno di perdita,
di morte, di privazione, è inserita in un contesto di vita: al funerale si
sente il pianto di un bambino, sopra la valanga che travolge mortalmente c’è un
cielo stellato e una luna luminosa… Seethaler parla del piccolo eroe che ognuno
di noi è, a combattere contro un destino che tanto l’ha vinta comunque. Il
punto, però, è che non è la vittoria in sé quello che decreta la riuscita
dell’impresa: la vita ha un movimento ondulatorio, racconta l’autore, con dei
punti alti, raggiunti spesso con fatica,
ma da cui si precipita in un secondo, eppure l’assenza di sfortune non basta a
renderci felici, anzi è la stessa infelicità che si rivela necessaria per riconoscere la
felicità. Capita spesso di trovare, in questo romanzo narrato da una voce
esterna (ma che viene da dentro il cuore montanaro di Andreas) espressioni come
“più avanti Egger non si sarebbe ricordato di….”, perché “Una vita intera” è un
romanzo sulla vita che abbiamo già dietro di noi: lo sguardo è quello di un
anziano, rivolto alle sue spalle, perché già sa cosa c’è davanti senza però
poterlo comprendere mai. Cosa rimane di una vita? Cosa vediamo quando ci
giriamo su noi stessi di 180 gradi? Pare che sia questa la domanda a cui
Seethaler voglia dare risposta con questo romanzo… Solo che la riposta non c’è,
come nelle migliori tradizioni: la domanda si ripete all’infinito e rimane
all’infinito aperta, perché della vita rimane quello che ricordiamo, che è ogni
volta diverso e quasi mai corrisponde a verità. E soprattutto, della vita
rimane la vita “Una vita intera” è un po’ come una poesia: raccontarlo più di
quanto abbia provato a fare sarebbe come farne la parafrasi, quindi ucciderlo e
snaturarlo. No, va proprio letto, con lentezza; e anche riletto, perché tante
volte ci si ferma – immersi in una scrittura che esige ma allo stesso tempo
crea silenzio e spazio, cresce intorno a noi e ci isola da tutto il resto –, ci
si deve fermare per chiudere le pagine, abbassare il capo, respirare piano e
piangere. Ma non perché è triste, no; piuttosto, perché ci si stupisce che uno
che non ci conosce abbia trovato la parola giusta, l’espressione unica e
perfetta per esprimere quella sensazione che noi, solo noi, conosciamo così
bene .
Robert Seethaler: Una vita intera ed. Neri Pozza € 14.00
Libro del mese Aprile 2015 "Il passato è una bestia feroce"
Il passato è una bestia feroce, è un thriller ad alto tasso di suspense,
ricco di sorprese e colpi di scena e Polidoro ha lavorato a lungo per rifinire
ogni particolare e mantenere sempre alto il ritmo di una vicenda che pur
situata nel presente ha radici in un passato di circa trent’anni prima, radici
che, come suggerisce anche il titolo, possono portare a rischi e pericoli. Più di trent’anni or sono Monica Ferreri, una
bambina di 12 anni, scompariva nel nulla, in modo misterioso, senza preavviso e
senza lasciare traccia. Un caso irrisolto che ormai hanno dimenticato tutti. O
quasi. Bruno Jordan conosceva quella bambina, era più o meno suo coetaneo,
amico “speciale”, e anche lui sembra aver dimenticato la scomparsa: ora ha
altro da penare, è un quaran-tenne in perpetua crisi, perso fra fidanzate che
lo lasciano e un lavoro da cronista che lo espone ad avvertimenti e minacce dei
criminali oggetto delle sue inchieste. Ma il passato, appunto, torna a mordere
e lo fa sotto forma di una lettera scritta da Monica proprio a lui, la sera
prima di sparire, una lettera che viene ritrovata solo ora. Una lettera che
risveglia inquietudini e sospetti e permette a Bruno di abbandonare per un po’
la vita milanese che, fra redazione e casa, sembra soffocarlo sempre di più. Con
l’aiuto di un maresciallo giovane e capace, Costanza Piras, Bruno tornerà nei
luoghi d’infanzia per cercare di indagare su quanto accaduto tanti anni fa. E
scoprirà che il passato è forse più pericoloso del presente e che forse era
meglio non risvegliare certi ricordi… Il
thriller non è un genere prettamente italiano, risulta quindi inevitabile
approcciarsi ad un libro di questo tipo con una buona dose di scetticismo; la
mia si è dileguata come neve al sole, nel corso della lettura. Massimo
Polidoro, nel suo esordio come scrittore di thriller, dimostra di sapere il
fatto suo; riesce infatti a dare vita ad un intreccio perfetto, dietro il quale
si nasconde sicuramente un'accurata preparazione.
L'inizio è piuttosto tranquillo, scorrevole ma senza grandi svolte. Solo proseguendo nella lettura si comprende come l’autore stia in realtà disseminando indizi con maestria e gradualità, centellinando con sapienza i colpi di scena. Dalla metà in poi il ritmo si fa serrato, è quasi impossibile interrompere la lettura senza rimanere mentalmente soggiogati alla storia e ai suoi possibili sviluppi. La storia è fatta di tanti piccoli dettagli e sfumature curate, i personaggi sono psicologicamente reali, comuni ma non banali, definiti e tridimensionali. Bruno Jordan è un protagonista carismatico, in superficie un po' arrogante, in realtà profondamente umano. La sua inchiesta lo esporrà a molti pericoli, ma lui deciderà di non arrendersi, considerando la ricerca della verità come un debito verso quella ragazzina a cui era affezionato e di cui tutti sembrano essersi dimenticati. Si accorgerà ben presto che dissotterrare una vicenda ormai sepolta sarà come aprire un vaso di Pandora.
L'attenzione del lettore si sposterà, di volta in volta, da un possibile colpevole all'altro e l’autore è bravissimo a deviare i sospetti e a creare "falsi bersagli". L'ambientazione si rivelerà una dimensione perfetta per questo tipo di storia e la provincia lombarda prenderà vita sotto i nostri occhi. Così come lucidi e reali sono i ricordi di un'infanzia vissuta negli anni ottanta, quando ogni bambino desiderava una Saltafoss, l'estate si trascorreva all'aperto e la musica proveniente dai walkman accompagnava i pomeriggi afosi. Appare chiaro come l'autore si muova tra luoghi e tempi che conosce a menadito. L'epilogo mi ha letteralmente sconvolto, non mi sarei mai aspettato un finale di questo tipo e speriamo che l’autore non ci faccia attendere troppo per un suo nuovo libro. A questo punto vi sarà chiaro: se amate il genere o desiderate cimentarvi in una lettura avvincente, non lasciatevi sfuggire Il passato è una bestia feroce.
L'inizio è piuttosto tranquillo, scorrevole ma senza grandi svolte. Solo proseguendo nella lettura si comprende come l’autore stia in realtà disseminando indizi con maestria e gradualità, centellinando con sapienza i colpi di scena. Dalla metà in poi il ritmo si fa serrato, è quasi impossibile interrompere la lettura senza rimanere mentalmente soggiogati alla storia e ai suoi possibili sviluppi. La storia è fatta di tanti piccoli dettagli e sfumature curate, i personaggi sono psicologicamente reali, comuni ma non banali, definiti e tridimensionali. Bruno Jordan è un protagonista carismatico, in superficie un po' arrogante, in realtà profondamente umano. La sua inchiesta lo esporrà a molti pericoli, ma lui deciderà di non arrendersi, considerando la ricerca della verità come un debito verso quella ragazzina a cui era affezionato e di cui tutti sembrano essersi dimenticati. Si accorgerà ben presto che dissotterrare una vicenda ormai sepolta sarà come aprire un vaso di Pandora.
L'attenzione del lettore si sposterà, di volta in volta, da un possibile colpevole all'altro e l’autore è bravissimo a deviare i sospetti e a creare "falsi bersagli". L'ambientazione si rivelerà una dimensione perfetta per questo tipo di storia e la provincia lombarda prenderà vita sotto i nostri occhi. Così come lucidi e reali sono i ricordi di un'infanzia vissuta negli anni ottanta, quando ogni bambino desiderava una Saltafoss, l'estate si trascorreva all'aperto e la musica proveniente dai walkman accompagnava i pomeriggi afosi. Appare chiaro come l'autore si muova tra luoghi e tempi che conosce a menadito. L'epilogo mi ha letteralmente sconvolto, non mi sarei mai aspettato un finale di questo tipo e speriamo che l’autore non ci faccia attendere troppo per un suo nuovo libro. A questo punto vi sarà chiaro: se amate il genere o desiderate cimentarvi in una lettura avvincente, non lasciatevi sfuggire Il passato è una bestia feroce.
Massimo Polidoro: Il passato è una bestia feroce ed. Piemme € 17.90
venerdì 3 aprile 2015
Libro del mese marzo 2015 "La donna dal taccuino rosso"
La donna dal taccuino rosso è una "commedia romantica" ma nella sua forma
più interessante, con una vicenda di sentimenti in cui si intrecciano
riferimenti letterari, considerazioni sulle diverse fasi dell'amore e della
vita e altro ancora e una Parigi di piccoli quartieri, parchi e stradine sfondo
ideale per una storia marcatamente francese. Ciò che da avvio al romanzo è già
di per sé, se non originalissimo, di
certo piuttosto intrigante: il ritrovamento casuale da parte di un uomo,un
libraio , di una borsetta abbandonata sul cassonetto dopo uno scippo che
inspiegabilmente lo spinge a ricostruire la vita di quella donna misteriosa.
Laure, la proprietaria della borsetta rubatale brutalmente a pochi passi da
casa, nella caduta ha riportato un trauma cranico cui segue un coma che la
costringe in ospedale incapace di
districarsi tra sonno e realtà, in uno strano limbo dove i ricordi si
intrecciano al presente e le voci delle persone intorno a lei a sprazzi la
raggiungono ma a cui non è in grado di rispondere; intanto, Laurent, l'uomo che
ha ritrovato la borsa abbandonata, spinto da uno slancio inspiegabile cerca di
mettere insieme gli oggetti trovati all'interno per ricostruire il puzzle
dell'identità della donna misteriosa e così la sua personalità, la sua vita, il
suo passato.Entrare passo dopo passo nella vita della sconosciuta, diventa un'indagine
sempre più affascinante per il libraio in crisi sentimentale che resta
ammaliato dalla donna che prende vita oggetto dopo oggetto, pagina dopo pagina
di quel taccuino rosso su cui sono appuntati pezzi della propria anima. Intorno
a Laure e Laurent si muovono amici sinceri e vecchie conoscenze di gioventù con
cui poco ormai resta in comune, figlie adolescenti un poco arroganti e
sfrontate ma capaci anche di sorprendere per empatia e slancio, ex mogli e
partner di una storia giunta al termine, colleghi, vicini di casa e sconosciuti
con cui incrociamo le nostre vite ogni giorno.. E in mezzo a questa variegata
folla, l'incredibile figura di Modiano,
il recente premio Nobel per la letteratura, che l'autore trasforma in
personaggio del suo romanzo; e in qualche modo il romanzo è una passeggiata tra i libri, dai classici
ai contemporanei, soprattutto francesi; sono la quotidianità e il mestiere di
Laurent; libri che rappresentano la
seconda parte della vita di Laurent quando, senza più guardarsi indietro,
abbandona un lavoro e un'esistenza che sente non appartenergli davvero. E
insieme ai libri ci sono naturalmente gli autori, da Modiano romanziere di
successo a tratti eccentrico e quasi irreale in quella Parigi bellissima, allo
scrittore in crisi creativa che si divide tra presentazioni, pagine bianche e
il lavoro di insegnante; poi c’è Parigi,
si diceva: il romanzo di Laurain è così squisitamente francese che quasi possiamo
percepire l'odore di quella città meravigliosa, i suoi quartieri descritti come
piccoli villaggi, i bistrot all'aperto, i piccoli appartamenti eleganti
Come si sottolineava in apertura poi, la storia di Laurain è una commedia dei sentimenti, in cui diversi
aspetti dell'amore trovano rappresentazione, dal fallimento di una relazione
protagonisti quegli amori così "effimeri, programmati fin dall'inizio per
morire, e a brevissima scadenza"; amori che si interrompono bruscamente,
in modo tragico; il rapporto tra padri e figli, non sempre facile, non sempre
immediato.
Non da ultimo il rapporto con gli oggetti che custodiamo gelosamente, segni di un
passato che non vogliamo lasciare andare o simboli che eleggiamo a
rappresentanti del nostro io più profondo, taccuini su cui appuntiamo idee
fugaci, paure e pensieri felici e che vederci sottratti tanto bruscamente è
quasi una violenza, non importa quanto possa suonare stupido ma una borsa in
qualche modo può contenere così tanto di noi, dei nostri segreti.
Insomma un libro che diventa un bisbigliare complice
di emozioni, geografie vere e inventate, eventi, amore e piaceri in cui ci si
riconosce, si ritrovano frammenti personali, luoghi della memoria,
epifanie e sogni; un libro sicuramente da leggere!.
Antoine Laurain: La donna dal
taccuino rosso ed.Einaudi € 17.00
venerdì 6 marzo 2015
Libro del mese febbraio 2015 "La verità e altre bugie"
Il protagonista si chiama Henry Hayden, il suo nome è sulla bocca di tutti i lettori, ogni libreria che si rispetti si batte per un incontro con lui. E' sicuro, piace, sa. E chissà se ha mai sentito raccontare la storia di Margaret e Walter Keane, i coniugi a cui dobbiamo – come ci racconta Tim Burton in Big Eyes – i quadri così suggestivi di quei bambini con gli occhi grandi, cupi, lacrimosi. Lei dipingeva, lui ci metteva il nome. Lei aveva il talento, lui la stoffa del venditore e l'animo nero da canaglia. La stessa complicità, lo stesso segreto, lega Henry alla quieta moglie Martha: lui non ha mai scritto una parola in vita sua, anche se, bugiardo patologico, ha inventato tante tante storie; il successo, i romanzi, i premi letterari sono cose che deve a quella donna che scrive a macchina, di notte, come nessuno fa più. Lui rilegge e ci mette la firma. Ironico, no?, che sia stata proprio la moglie a procurargli un lavoro che l'ha reso noto e ad avvicinarlo inconsapevolmente alla donna che, presto, lo renderà padre. Un'amante. Si chiama Betty, ha una costellazione di lentiggini tra i seni, lavora come editor presso la casa editrice indipendente che cura i romanzi di lui. Henry Hayden ama due donne, ma ama di più se stesso. Dunque, c'è qualche persona di troppo nell'equazione... Mentre lui pensa al delitto perfetto e, nella sua testa, disegna ogni scenario possibile per le sue rivelazioni, Arango segue le vicende di un generoso pescatore bosniaco, fedele anche a costo di portarsi nella tomba il suo essere l'unico testimone di un invendicato fatto di sangue; e quelle di una segretaria insoddisfatta con la passione per i tarocchi e la fiducia nel potere segreto dei fiori e infine di colui che, sbucato dal passato, sta alle costole del nostro bugiardo preferito come un segugio. Come Javert con Jean Valjean, nei Miserabili. Meschino, egoista, cinematografico e dotato di un'ironia pesante e gelida come l'acciaio,La verità e altre bugie è troppo crudo per essere una commedia nera e troppo spassoso per essere un giallo. Si classifica come una particolare via di mezzo, a tratti irresistibile, in cui tutti inseguono forsennatamente quello che non hanno. Arango mette in scena il suo pri-mo romanzo nel patinato mondo dell'editoria con una narrazione che va dritta al punto, avvincente, scaltra, assoluta-mente affascinante, un romanzo da leggere da cima a fondo senza la tentazione di abbandonarlo a sé stesso o di scandire i periodi a suon di sbadigli. Piace sin dall'inizio, e non è un mistero. Il periodare secco, le frasi concise e pregnanti, il narratore esterno che, come un Dio, guarda nel profondo dei cuori dei suoi personaggi, senza proferire parola. Senza intromettersi, senza giudicare. Li ha creati a sua immagine e somiglianza, a nostra immagine e somiglianza, e neppure noi – a causa di un'istantanea, dannata, malata empatia - riusciamo a trovarli sgradevoli come sarebbe logico che fosse. Alcuni non hanno il talento che millantano di possedere, altri tradiscono anche con gli occhi a ogni passo di strada; alcuni augurano il peggio ai loro conoscenti, altri sono ridotte a bestie violente a causa dei traumi e della vendetta. Vivono d'odio, muoiono d'amore, ma si divertono - e ci divertono - ad essere malvagi nel mezzo; tra una cosa e l'altra.
Sascha Arango:La verità e altre bugie. Ed. Marsilio € 17.00
Sascha Arango:La verità e altre bugie. Ed. Marsilio € 17.00
sabato 31 gennaio 2015
Libro del mese gennaio 2015 "L'allegria degli angoli"
Se vi è capitato di sentirlo
alla radio, nelle vostre frenetiche mattine lavorative, sicuramente ne avrete
già grande stima e simpatia; sto parlando di Marco Presta, conduttore, con
Antonello Dose del programma radiofonico “Il ruggito del coniglio”, in onda ogni mattina su Rai
Radio 2. Marco Presta, negli ultimi anni, si è scoperto scrittore , e
recentemente ha lanciato in libreria L’allegria
degli angoli, romanzo che tratta il tema della disoccupazione con uno
sguardo ironico e sarcastico.
Lorenzo, il protagonista, è un geometra ultratrentenne
senza lavoro, che vive di metriche, parametri e di punti di vista matematici,
che, ben presto, dovrà però abbandonare. Si accorgerà, infatti, che la vita è
fatta di sorprese, punti di vista diversi, cambi di programma, rette parallele
che si incontrano e piani stravolti; esso stesso ne è l’esempio vivente: anni
di studi e sacrifici e un lavoro che doveva arrivare automatico e che non è mai
arrivato. Lorenzo vive con la mamma, ma la sua è una vita serenamente rassegnata
alle storture del presente. Il suo è un campare alla giornata, uno status
sociale, che denigra l’uomo e lo abbatte moralmente, ma Lorenzo non ci pensa
per non danneggiarsi e si circonda di amicizie fatue e altrettanto sprovvedute.
Per non starsene con le mani in mano, il protagonista si lancia in numerose
avventure lavorative, dal lavapiatti, alla statua vivente. E proprio
cimentandosi in questo “trasgressivo” mestiere, scopre delle sfumature della
vita, che aveva smesso di vedere. Lorenzo, osserva, stando immobile, il
microcosmo che scorre e lo circonda: i turisti impazziti, le temperature
altalenanti, i passanti presi dal trambusto quotidiano, gli animali e, infine,
una donna della quale si riscopre innamorato, solo sentendone i profumi, il movimento
dei capelli, il modo di camminare. Capisce lì, dal suo angolo di città, che la
vita gli scalpita ancora dentro, che può ancora sentire, vedere, amare,
provare, assaporare, percepire, piccole cose che credeva assopite in una parte
remota del suo io.
Benchè sia consapevole di
condurre una vita altamente precaria, che non gli consente di avere una storia,
creare una famiglia, comprare una casa, Lorenzo non molla i suoi sogni e, nel
suo dramma, continua a sperare. La grande metafora della vita che scorre, mentre
noi restiamo fermi a guardare, sembra tornare, con una forza prepotente, su
carta.
Malgrado il romanzo tratti il
tema del lavoro, senza che il protagonista ne abbia uno e, nonostante le epopee
tragicomiche , possiamo collocarlo nei temi seriamente comici. Ed anche se
suona come ossimoro, è proprio questo il sapore che sembra lasciare: commuove e diverte Marco Presta, inquadrando
perfettamente le verità dei giovani di oggi. Il sorriso è amaro e i problemi
continuano a farci arrovellare l’anima, ma il romanzo ci fa sentire parte di un
qualcosa di grande che, purtroppo, sfugge alle nostre capacità e ci fa sentire
meno soli.
Marco Presta: L'allegria
degli angoli ed. Einaudi € 18,50
Archivio "Incontri d'autore" 2014
21 Gennaio 2014 Battista Borsato
29 Gennaio 2014 David Conati, Paolo Corsi, Leonardo Di Noi, Marco Pasetto.
Con Emanuele Delmiglio.
7 febbraio 2014 Sara Rattaro
12 febbraio 2014 Paolo Curtaz
19 Febbraio 2014 Jean Baptiste Sourou
26 febbraio 2014 Cristina De Stefano
6 marzo 2014 Alberto D'Auria
18 marzo 2014 Alberto Campoleoni
27 marzo 2014 Michele e Nicola Neri
28 marzo 2014 Maurizio Brunelli
28 marzo 2014 Marco Roncalli
03 aprile 2014 Mario Bortoletto
06 aprile 2014 Andrea Vitali
30 aprile 2014 Benny Calasanzio Borsellino con Ignazio Cutrò
19 maggio 2014 Manfred Spitzer
30 maggio 2014 Cristina Bellemo
09 giugno 2014 Lorenzo Bini Smaghi
25 settembre 2014 Gaia Conventi, Luca Malaguti, Roberto Rossetti, Stefano Visonà con l'editore Emanuele Delmiglio
9 ottobre 2014 Francesco Jori
16 ottobre 2014 Vito Mancuso
24 ottobre 2014 Simona Atzori
04 novembre 2014 Alberto De Poli
06 novembre 2014 Lorenzo Dani
13 novembre 2014 Antonella Boralevi
26 Novembre 2014 Elisabetta Gualmini
venerdì 23 gennaio 2015
Libro dell'anno 2014
"Non dirmi che hai paura" di Giuseppe Catozzella ed. Feltrinelli è il libro che abbiamo scelto come libro dell`anno 2014.
Questa la motivazione
"Giuseppe Catozzella ha strappato Samia alla sua sventura e al suo silenzio; ne ha fatto l'icona di chi lotta per un sogno.
Questo libro ha la forza della verità dei fatti e la forza della bellezza dei sogni che danno sapore alla nostra vita."
Il libro dell`anno lo scegliamo tra i libri che ogni mese consigliamo e vi proponiamo.
Il libro "Non dirmi che hai paura" è stato nostro libro del mese di aprile e ha vinto il premio Strega Giovani ed è stato finalista al Premio Strega
Questo l`elenco dei libri del mese 2014:
Gennaio Silvia Avallone: "Marina bellezza" Ed. Rizzoli
Febbraio Balson Ronald: "Volevo solo averti accanto" ed. Garzanti
Marzo Cristina De Stefano: "Oriana una donna" ed. Rizzoli
Aprile Giuseppe Catozzella: "Non dirmi che hai paura " ed. Feltrinelli
Maggio Romain Puertolas: "L`incredibile viaggio del fachiro che restò chiuso in un armadio Ikea" ed. Einaudi
Giugno/luglio Donna Tartt: "Il cardellino" ed. Rizzoli
Agosto Sandrone Dazieri: " Uccidi il padre" ed. Mondadori
Settembre Valentina Camerini: "Il secondo momento migliore" Ed. Feltrinelli
Ottobre Lisa Gardner: "Toccata e fuga" ed. Marcos y Marcos
Novembre Nicholas Butler: " Shorgun lovesongs" ed. Marsilio
Dicembre David Glattauer: "Il regalo che non ti aspetti" ed. Feltrinelli
Vi riproponiamo la nostra recensione:
Non dirmi che hai paura è una storia che nessuna fantasia avrebbe potuto creare. È la storia di Samia Yusuf Omar, storia che i giornali di tutto il mondo narrarono ma che poi scomparve nel solito silenzio che segue qualsiasi vicenda consumata tra click e commenti di un'ora. Samia è una ragazza somala nata per correre. Vive a Bondere, quartiere di Mogadiscio, un dedalo di stradine di sabbia e polvere schiacciate fra abitazioni in muratura. Samia appare nel romanzo quando il talento della corsa la sta rivelando a se stessa e le sue gambe secche e forti le chiedono consapevolezza, leggerezza, ritmo. La famiglia non ha paura di capire quel talento, e la sostiene. Tanto basta perché in Samia metta radici l'ambizione di redimere la fatica, la povertà, l'ostilità, il volto severo del suo paese, il silenzio in cui sono nascoste le donne, la minaccia che quelle stesse gambe secche possano fermarsi. Per niente al mondo si fermerà; la piccola Samia va a cercare quella trasparenza, quella malinconica tolleranza che solo l'adolescenza visitata dalla speranza e dalla tentazione del futuro sa trovare con naturalezza, con gentilezza. E’ protetta da una famiglia che riesce a costruire uno spazio di affetto miracoloso intorno a lei mentre la Somalia cede all'integralismo, si insanguina di repressione, e viene lacerata dal terrori-smo; Samia non è cieca né ottusamente ottimista: perde il suo più caro amico, vede morire il padre, e lascia partire la sorella per l'Europa ma tutto ciò non sembra spezzare la possibilità di raggiungere una forma di felicità. Che cosa può fare una piccola atleta contro tutto questo? Eccola concentrata su se stessa, sul corpo. Fuori c'è il silenzio, il sole a picco, la morsa del caldo. Dentro il giovane corpo dell'atleta macina il futuro; un futuro che si alimenta di una preghiera laica che si celebra alzando gli occhi sulla foto che tiene sopra il letto. Mo Farah somalo, campione olimpionico e tre volte campione del mondo di mezzo fondo. È lui il dio benigno che l’accompagna . E riesce da sola senza sponsor, senza allenatori professionisti, senza medici e massaggiatori a qualificarsi alle Olimpiadi di Pechino. Il suo miracolo ha inizio. A Pechino si fa appena notare; sa che il vero traguardo è Londra, perché è là che avrà gli occhi sereni e appagati. Per averli si allena di notte, si affoga nel burqa, testimone della sua cor-sa solo il cielo stellato, e quando nascondersi non basta più, quando il suo paese non le offre il vessillo di una identità, è allora che entra nella favola epica del suo destino; sa che per vivere deve correre, per correre deve allenarsi, per allenarsi deve essere libera, per riuscire a vivere deve provare ad allenarsi in Europa deve raggiungere l'Europa altrimenti tutto finisce. Sono pagine fra le più potenti quelle in cui si narra il "Viaggio", lo spaventoso viaggio che la porta su per le vie dei deserti da Addis Abeba verso il Sudan e la Libia, per arrivare infine al mare. Cosa sia quel mare, lo sappiamo sin troppo bene - è il mare dei migranti, il mare fatale, ma quando Samia sale sul gommone è ancora il mare del sogno.
Questa la motivazione
"Giuseppe Catozzella ha strappato Samia alla sua sventura e al suo silenzio; ne ha fatto l'icona di chi lotta per un sogno.
Questo libro ha la forza della verità dei fatti e la forza della bellezza dei sogni che danno sapore alla nostra vita."
Il libro dell`anno lo scegliamo tra i libri che ogni mese consigliamo e vi proponiamo.
Il libro "Non dirmi che hai paura" è stato nostro libro del mese di aprile e ha vinto il premio Strega Giovani ed è stato finalista al Premio Strega
Questo l`elenco dei libri del mese 2014:
Gennaio Silvia Avallone: "Marina bellezza" Ed. Rizzoli
Febbraio Balson Ronald: "Volevo solo averti accanto" ed. Garzanti
Marzo Cristina De Stefano: "Oriana una donna" ed. Rizzoli
Aprile Giuseppe Catozzella: "Non dirmi che hai paura " ed. Feltrinelli
Maggio Romain Puertolas: "L`incredibile viaggio del fachiro che restò chiuso in un armadio Ikea" ed. Einaudi
Giugno/luglio Donna Tartt: "Il cardellino" ed. Rizzoli
Agosto Sandrone Dazieri: " Uccidi il padre" ed. Mondadori
Settembre Valentina Camerini: "Il secondo momento migliore" Ed. Feltrinelli
Ottobre Lisa Gardner: "Toccata e fuga" ed. Marcos y Marcos
Novembre Nicholas Butler: " Shorgun lovesongs" ed. Marsilio
Dicembre David Glattauer: "Il regalo che non ti aspetti" ed. Feltrinelli
Vi riproponiamo la nostra recensione:
Non dirmi che hai paura è una storia che nessuna fantasia avrebbe potuto creare. È la storia di Samia Yusuf Omar, storia che i giornali di tutto il mondo narrarono ma che poi scomparve nel solito silenzio che segue qualsiasi vicenda consumata tra click e commenti di un'ora. Samia è una ragazza somala nata per correre. Vive a Bondere, quartiere di Mogadiscio, un dedalo di stradine di sabbia e polvere schiacciate fra abitazioni in muratura. Samia appare nel romanzo quando il talento della corsa la sta rivelando a se stessa e le sue gambe secche e forti le chiedono consapevolezza, leggerezza, ritmo. La famiglia non ha paura di capire quel talento, e la sostiene. Tanto basta perché in Samia metta radici l'ambizione di redimere la fatica, la povertà, l'ostilità, il volto severo del suo paese, il silenzio in cui sono nascoste le donne, la minaccia che quelle stesse gambe secche possano fermarsi. Per niente al mondo si fermerà; la piccola Samia va a cercare quella trasparenza, quella malinconica tolleranza che solo l'adolescenza visitata dalla speranza e dalla tentazione del futuro sa trovare con naturalezza, con gentilezza. E’ protetta da una famiglia che riesce a costruire uno spazio di affetto miracoloso intorno a lei mentre la Somalia cede all'integralismo, si insanguina di repressione, e viene lacerata dal terrori-smo; Samia non è cieca né ottusamente ottimista: perde il suo più caro amico, vede morire il padre, e lascia partire la sorella per l'Europa ma tutto ciò non sembra spezzare la possibilità di raggiungere una forma di felicità. Che cosa può fare una piccola atleta contro tutto questo? Eccola concentrata su se stessa, sul corpo. Fuori c'è il silenzio, il sole a picco, la morsa del caldo. Dentro il giovane corpo dell'atleta macina il futuro; un futuro che si alimenta di una preghiera laica che si celebra alzando gli occhi sulla foto che tiene sopra il letto. Mo Farah somalo, campione olimpionico e tre volte campione del mondo di mezzo fondo. È lui il dio benigno che l’accompagna . E riesce da sola senza sponsor, senza allenatori professionisti, senza medici e massaggiatori a qualificarsi alle Olimpiadi di Pechino. Il suo miracolo ha inizio. A Pechino si fa appena notare; sa che il vero traguardo è Londra, perché è là che avrà gli occhi sereni e appagati. Per averli si allena di notte, si affoga nel burqa, testimone della sua cor-sa solo il cielo stellato, e quando nascondersi non basta più, quando il suo paese non le offre il vessillo di una identità, è allora che entra nella favola epica del suo destino; sa che per vivere deve correre, per correre deve allenarsi, per allenarsi deve essere libera, per riuscire a vivere deve provare ad allenarsi in Europa deve raggiungere l'Europa altrimenti tutto finisce. Sono pagine fra le più potenti quelle in cui si narra il "Viaggio", lo spaventoso viaggio che la porta su per le vie dei deserti da Addis Abeba verso il Sudan e la Libia, per arrivare infine al mare. Cosa sia quel mare, lo sappiamo sin troppo bene - è il mare dei migranti, il mare fatale, ma quando Samia sale sul gommone è ancora il mare del sogno.
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